Luoghi e Monumenti

I luoghi e I monumenti della città di San Giorgio a Cremano

Data:
15-02-2023

Villa Amirante

La Villa Amirante si trova a San Giorgio a Cremano, a metà percorso di Via Cavalli di Bronzo, nel tratto dove i quattro pini danno protezione ai raggi del sole durante le calde estati Sangiorgesi ed affaccia i suoi balconi sui giardini di Villa Vannucchi. Storia È stata meta di vacanze estive per le personalità signorili della Napoli dell'Ottocento fino al 1970 circa, annoverando tra i suoi ospiti più illustri il Cardinale Guglielmo Massaia, che vi soggiorno fino alla sua morte nel 1889. Oggi il fasto del passato non esiste più, ma nell'accedervi si può ancora sentire l'atmosfera e gli odori di un tempo che fu. Architettura L'interno della villa possiede un cortile nel quale un tempo veniva vissuto intensamente la vita popolare dei coloni e dei signori e sulle pareti perimetrali ancora oggi vi si trovano degli anelli di ferro bloccati nei muri, dove venivano legate le briglie dei cavalli che trainavano le carrozze degli ospiti in visita ai proprietari, gli Amirante per l'appunto. Alle spalle del coprpo centrale vi è ancora oggi un giardino che nei tempi addietro veniva coltivato con vari ortaggi, puntellato di varie qualità di alberi di agrumi, more, pesche e colorato da una vasta piantagione di margherite; oltre il suo imponente cancello che delimitava i fabbricati dalla campagna vi si trova ancora oggi una cappella votiva simile ad una grotta, dedicata alla Vergine con Bambino, dipinta splendidamente su maioliche che combattono il logorio del tempo. Fino a qualche anno fa l'esterno della grotta era contornato da maioliche bianchissime sulle quali vi era scritto in blu la seguente dicitura: "Tu che passi per questo giardino lascia un ricordo ed una prece in memoria di Luigi Amirante".

Villa Avallone Tufarelli

Villa Avallone Tufarelli è una villa di delizie situata a San Giorgio a Cremano in via Enrico Pessina. La dimora viene comunemente annoverata tra le ville del Miglio d'oro di Napoli anche se la sua costruzione non risale al Settecento bensì al Cinquecento, quando la famiglia Bimonti la scelse per trascorrere la villeggiatura. Architettura L'impianto attuale risale alla seconda metà del Settecento, quando la proprietà della villa passò da Pietro Avallone, che l’aveva rilevata dai Bimonti, al barone Gennaro Tufarelli i cui discendenti sono tuttora proprietari della dimora. L’edificio presenta la pianta a doppia “L” caratteristica delle ville del Miglio d’oro. La doppia “L” è saldata in corrispondenza dell’atrio a cui segue un ampio porticato che si affaccia sul cortile retrostante. Gli ampi spazi coperti da volte basse creano un asse prospettico ortogonale rispetto a quello principale e si concludono con un arco ribassato all’interno del quale, alla destra di chi entra, si inquadra la scala a blocco da cui inizia la prima rampa con balaustra in piperno. I due bracci dell’edificio sono sovrastati da due ampie terrazze che formano un tutt’uno con il balcone che dà sul giardino e sul loggiato e dalle quali è ancora possibile scorgere il Vesuvio. L’esedra terminale del cortile, attraverso la quale si accede al giardino, alla fine delle colonne cruciformi collocate tra i cancelli presentava fontane, statue e busti in marmo che però sono andati perduti. Il giardino era molto ampio tant’è che giungeva fino alla confinante Portici dove esisteva un secondo ingresso mediante il quale si accedeva alla villa attraversando prima il parco. A completare la struttura, immediatamente all’esterno della villa si trova una cappellina privata dedicata all’Immacolata Concezione.

Villa Bonocore

Villa Bonocore è una villa settecentesca di San Giorgio a Cremano in provincia di Napoli; fa parte del cosiddetto Miglio d'oro e si trova in via Alessandro Manzoni. Storia Prende il nome dalla famiglia Bonocore che ne acquistò la struttura e la tenuta circostante dalla famiglia Rano. Architettura L'edificio si presenta in forma di una masseria rurale, con una costruzione di pianta rettangolare in tufo, trasformata in villa di delizie con l'inserimento di due terrazze poste alle estremità. In base alla mappa del duca di Noja, l'ingresso originario della villa si apriva su via Alveo San Michele, la strada che oggi collega la parte bassa di San Giorgio a Cremano con quella alta e che allora era detta anche "strada che porta ai Catini". Un'esedra su questa via ospitava il portale di ingresso alla tenuta, adiacente alla cappella gentilizia dedicata a San Michele Arcangelo. Dall'ingresso un lungo viale attraversava la tenuta e portava ad una grande corte rustica, in cui si doveva svolgere l'attività agricola. L'edificio è posto ad un livello inferiore rispetto a quello della strada principale. La cappella di San Michele Arcangelo venne restaurata dai Bonocore dopo l'acquisto della tenuta, insieme ad un dipinto attribuito al Corriase La cappella conserva lo stemma gentilizio dei Rano e un campanile a vela con tracce del rivestimento in stucco a finto mattone rosso.

Villa Borrelli

Villa Borrelli è una villa settecentesca situata a San Giorgio a Cremano, in provincia di Napoli, che appartiene al complesso delle Ville vesuviane del Miglio d'oro. Storia Si trova in via Bruno Buozzi e prende il nome da Antonio Borrelli, che la acquistò nel 1877. Si conserva dell'originario edificio parte della facciata anteriore, in stile barocco: le due finestre che danno sulla strada sono sormontate da cornici e sorrette da "cartocci"; i balconi hanno ringhiere in ferro battuto. Architettura Dal portale sulla strada si accede al cortile interno quadrangolare. L'atrio è decorato da stucchi e coperto da una volta lunettata che si allarga in direzione della scala posta a sinistra. Si apre sul cortile con un porticato a tre campate, sormontato da una terrazza al piano nobile. Sul lato di fondo del cortile, un secondo porticato a tre archi sorregge un altro terrazzo e separa l'edificio dal giardino retrostante. All'interno si conservano diversi elementi di base, tra cui un mascherone settecentesco posto a cornice di una lesena e alcuni decori posti nei principali punti di innesto delle volte della scala.

Villa Bruno

Villa Bruno è una villa vesuviana sita in via Cavalli di Bronzo a San Giorgio a Cremano (Napoli). Da molto tempo è il centro culturale della cittadina, ospitando concerti, manifestazioni ed il premio Troisi, dedicato ai giovani comici. Ospita inoltre molti uffici comunali ed è sede di varie associazioni. Dal 2002 è anche sede della biblioteca comunale, sulla base di una cospicua donazione fatta dal cav. Giacinto Fioretti, che ne ha anche curato la sistemazione. È quindi conosciuta come "Palazzo della Cultura Vesuviana". Immagine villa Storia La villa fu proprietà dapprima della famiglia Monteleone, e successivamente della famiglia Lieto. Durante il periodo in cui i Lieto furono i tenutari dell'edificio, esso ospitò a più riprese per le vacanze il Cardinale Luigi Ruffo Scilla, Arcivescovo di Napoli nonché parente del famoso cardinale sanfedista Fabrizio Ruffo. A partire dal 1816 la villa ospitò la fonderia Righetti, nella quale avvenne la fusione dei cavalli delle due monumentali statue equestri raffiguranti Carlo di Borbone (futuro Re Carlo III di Spagna) e Ferdinando I delle Due Sicilie (già Ferdinando IV di Borbone), le quali furono poste nel 1829 in piazza del Plebiscito a Napoli. Nelle fonderie avvenne inoltre la fusione del monumento in bronzo a Pulcinella, che oggi adorna il cortile principale della Villa. Originario di Roma, Francesco Righetti era il fonditore di fiducia dello scultore Antonio Canova, che era commissionario delle due sculture. L'artista passò molto tempo a Napoli nel periodo di realizzazione delle opere, e grazie alla sua influenza e notorietà riuscì a far localizzare l'impianto industriale a S. Giorgio nonostante le proteste dei numerosi nobili che abitavano nelle vicinanze. Il motivo per cui Righetti, nel 1816, scelse proprio San Giorgio per edificare la fonderia, poi trasformata dai Bruno in vetreria, sembra essere legato all'attiva collaborazione con il marchese Cerio il quale, grande ammiratore del Canova, intercesse favorevolmente per cosentire al Righetti di impiantare la struttura a Villa Bruno nonostante le vive proteste dei nobili confinanti. Prima della sua destinazione attuale, una sua parte è stata sede della locale stazione dei Carabinieri. Architettura La villa si presenta come un corpo unico a più foci ed è separata dalla strada da un muro di recinzione e da un cancello in ferro battuto. Ai due lati del cancello sono presenti due medaglioni, ciascuno incorniciante una testa di cavallo in bronzo, posti a memoria della fusione dei monumentali cavalli di cui sopra. Sulla sinistra della villa si osserva il cospicuo corpo di fabbrica delle fonderie Righetti, in tufo giallo napoletano. Benché in pianta abbia la stessa impostazione settecentesca, la struttura presenta un aspetto sostanzialmente neoclassico mentre la distribuzione dei volumi è stata alterata da ampliamenti successivi. Il prospetto posteriore, pur nella sua semplicità, conserva ancora l'ampio arco ribassato, caratterizzato dal barocco, ed il corrispondente balcone principale privo delle ornamentazioni che lo collegavano all'apertura sottostante. La balconata sinuosa, come gli ampi terrazzi a belvedere, ricordano la volontà di godere delle bellezze naturali che lo scenario vesuviano offriva, caratteristica preminente di questi nobili casini di villeggiatura. Il timpano finale curvo incornicia una nicchia ellittica in cui spicca una statua di San Gennaro benedicente in cotto. Dal portale d'ingresso si inquadra il portone che incornicia, in una profonda prospettiva, la nicchia posta in fondo alla tenuta. Questo effetto scenografico è reso dalla coincidenza dell'asse principale dell'impianto architettonico con quello prospettico che inizia con l'atrio e il successivo vestibolo passante e che termina con l'edicola barocca finale. Il viale pieno di luce del parco, che spicca dietro l'atrio, era arredato con sedili in pietra posti ai due lati che si alternano, per oltre duecento metri, a basi di statue e vasi. All'interno della villa, il piano nobile conserva ancora intatte le porte rococò e le decorazioni ottocentesche adoperate per riprodurre anche nei saloni l'ambiente esterno. All'interno del giardino c'erano originariamente una serra in ferro e vetro e un'esedra semicircolare con statute che oggi sono state sostituite con un'arena all'aperto che ospita manifestazioni di vario genere patrocinate dal Comune di San Giorgio a Cremano, ente proprietario della villa. Sono ancora presenti, inserite nel verde, alcune delle statue che una volta costellavano il parco e che risalgono alla veste ottocentesca della villa, mentre il "Busto di Giove", la statua greco-romana più antica della villa, è posto su un piedistallo nel vestibolo. Il cortile interno è pavimentato da ampi lastroni in piperno, ed al centro vi è posizionato un monumento in bronzo a Pulcinella. Sul lato destro del cortile si osservano le aperture delle antiche scuderie, mentre a sinistra si accede tramite un porticato interno al complesso delle fonderie. Il cortile prospiciente via Cavalli di Bronzo, che originariamente mostrava due lecci secolari che costituivano una idale quinta di verde, presenta oggi un'alberatura ad alto fusto che d'estate, con il colore lilla dei fiori, crea un delicato contrasto con la facciata giallo chiaro recentemente oggetto di restauro, dando un'idea degli effetti scenografici che si ottenevano una volta all'interno di queste strutture anche per il sapiente sfruttamento delle essenze arboree, talvolta esotiche. Dal cortile interno si entra in un atrio aperto da due lati, che collega il primo al giardino della villa. Sul lato destro dell'atrio si accede allo scalone d'onore che porta ai piani superiori. Sul soffitto dell'atrio è presente un affresco relativo allo stemma nobiliare di una delle famiglie proprietarie (la corona presente sullo stemma sembra indicare una famiglia ducale). Il giardino è percorso in tutta la sua lunghezza da un viale pavimentato in tufo, che si dirige verso una piccola costruzione decorativa, recante una nicchia con una statua, la quale chiude verso sud lo spazio architettonico. A destra del viale si apre un'ampia area erbosa, limitata da numerosi alberi da frutto e nella quale trovano posto le tribune dell'area teatrale all'aperto dedicata a Nino Taranto. A sinistra, lo spazio è meno ampio, parzialmente erboso ed in parte attrezzato a giardino. Vi si trovano diverse statue di divinità greco-romane ed una serra in vetro, in cattive condizioni, originariamente destinata alla coltivazione di piante officinali.

Villa Caracciolo di Forino

La Villa Caracciolo di Forino è una villa settecentesca di San Giorgio a Cremano, appartenente al novero delle ville vesuviane del Miglio d'oro. Storia L'edificio è situato in via Enrico Pessina, già via Berio, una delle arterie più antiche della città, dove si susseguono senza soluzione di continuità le dimore estive delle principali famiglie nobili dell'epoca. In particolare, la dimora apparteneva alla famiglia Caracciolo di Napoli, che ha dato tra gli altri i natali al famoso ammiraglio Francesco. Architettura L'edificio presenta il prospetto tipico dei “casini di delizie”, come testimonia la presenza di un atrio a volta posto all'ingresso. Sviluppandosi in direzione perpendicolare rispetto a quella della linea di costa, la villa non gode di una posizione favorevole rispetto alla vista dei dintorni. Per ovviare a tale mancanza, i Caracciolo fecero costruire all'interno del cortile una serie di terrazzi panoramici. La villa fu ristrutturata per l’ultima volta nell’Ottocento, prima che l’ultimo discendente della famiglia Caracciolo la donasse come sede all’Istituto Gerontologico. Oggi appartiene all’ordine monastico delle suore "Povere Figlie della Visitazione".

Villa Carafa Percuoco

Villa Carafa Percuoco è una delle ville vesuviane del settecento posizionate lungo il Miglio d'oro. È situata a San Giorgio a Cremano via Bruno Buozzi. Storia Il primo proprietario della villa fu don Pietro Maria Firrao, principe di Luzzi, il cui cognome dava in origine anche il nome alla strada su cui si affaccia il portone di ingresso. In seguito, la proprietà della dimora passò nelle mani della famiglia Firrao Bisignano a Costantinopoli, e poi fu venduta da questa agli ultimi proprietari, la famiglia Carafa Percuoco. Architettura L'edificio presenta una struttura neoclassica ma si differenzia dalle altre ville del Miglio d'oro in quanto l'impianto è di dimensioni superiori rispetto agli altri corpi dell'antico prospetto continuo; ed è inoltre l'unico a svilupparsi simmetricamente a entrambi i lati della strada. Infatti, esattamente di fronte al portone d'ingresso del palazzo, dall'altro lato della strada, era posizionata un'esedra che conduceva all'interno del parco della villa. Era dunque necessario attraversare la strada per accedere al giardino, che in documenti dell'epoca redatti dal Pane e dal Palomba viene descritto come ampio e dotato di terrazza panoramica sul mare.

Villa Carsana

Villa Carsana è una dimora nobiliare settecentesca, appartenente al novero delle Ville vesuviane del Miglio d'oro. È situata a San Giorgio a Cremano, in via Enrico Pessina. Storia La villa fu edificata per volere della famiglia Caracciolo di Lavello, e in seguito fu ampliata dal lato irpino dello stesso casato, i Caracciolo di Avellino, i quali diedero alla costruzione la distribuzione in pianta a tutt'oggi riscontrabile nel prospetto della dimora. Verso la metà dell'Ottocento fu venduta ai principi di Ottajano, appartenenti a un ramo della famiglia de' Medici, e nel 1899 fu acquistata dal duca Nicola de Sangro e in seguito dall'industriale bergamasco Daniele Carsana. Architettura L'edificio, che fa angolo con il Largo Arso, presenta un unico prospetto leggermente curvo, attraverso il quale si innesta il collegamento con via Pessina, dove si trova il portone d'ingresso. La villa si sviluppa attorno a due cortili, di cui uno di rappresentanza, al quale si accede direttamente dal portone principale; ed uno rustico, al quale si accede dal terzo ingresso. Attorno al cortile rustico, si sviluppa la parte dell'impianto architettonico destinato allo svolgimento delle attività agricole. Abbandonata all'incuria e al degrado, la villa non conserva alcuna traccia del fasto e della magnificenza con cui i Caracciolo e gli Ottajano arredarono gli interni. In base alla testimonianza di Vittorio Gleijeses, al piano nobile era situato un grande salone, una sala da pranzo ellittica con due balconi contrapposti, una grande terrazza e due piccoli belvedere semiottagonali. Della scala che conduceva dal cortile di rappresentanza al piano nobile si conserva solo la prima rampa, mentre il vestibolo è andato completamente perduto. La serliana in fondo al cortile, che non apparteneva al prospetto originario, ed è stata aggiunta probabilmente in epoca ottocentesca, è gravemente danneggiata. Distrutti pure il lungo viale che conduceva a una coffee house e a un belvedere. Da documenti ereditari del 1899, risulta anche che la villa fosse dotata anche di un maneggio circolare, collocato nel giardino interno, e attraversato da viali e file di mirto, rosmarino e altre piante ornamentali. La cappella dell'Addolorata risulta in buono stato di conservazione la cappella e l'attigua sagrestia dedicate alla Vergine Addolorata, cui si accede da un ingresso posto in via Pessina. Secondo testimonianze dell'epoca, la cappella fu costruita per volere della principessa di Avellino, donna Maria Carafa di Maddaloni, la quale chiese invano l'autorizzazione ecclesiastica per impiantare nella villa un piccolo convento di clausura. La cappella presenta una pianta centrale di forma ottagonale, ai cui lati obliqui sono posizionati quattro palchetti lignei con finiture dorate. Ad uno di questi palchetti era possibile accedere direttamente dal piano nobile. Secondo il Pane si tratta dei coretti più preziosi della Campania.

Villa Cerbone

Villa Cerbone è una delle ville costruite nel Settecento lungo il Miglio d'oro di Napoli. Storia Originariamente la villa di delizie apparteneva alla famiglia Cariati ed è stata sottoposta agli inizi del Novecento ad un’accurata opera di restauro. Nonostante abbia assunto con gli anni una veste neoclassica l’impianto della villa è rimasto barocco. Architettura Attraverso il vestibolo, cui si accede dall’ingresso principale, si arriva all’ampio atrio ellittico da cui si dipartono due rampe di scale simmetriche che, nascoste in doppia fodera, conducono ad un secondo atrio posto al piano superiore e perfettamente identico a quello sottostante che funge da disimpegno per i tre appartamenti posti al piano nobile. Al centro dell’atrio è posto un tondo all’interno del quale si trova un grande affresco risalente all’Ottocento. Ogni rampa di scale poggia su tre pilastri da cui si dipartono nervature che suddividono la volta del soffitto in sei partiti. Dal controprospetto è possibile leggere la sagoma ellittica delle pareti perimetrali che ospitano i rampanti. Nelle pareti curve sono collocate due finestre laterali che conservano tuttora la cornice superiore flessa – di chiara marca barocca - voluta per seguire l’andamento curvo della scala interna. Nessuna traccia invece è rimasta del grande giardino della villa che nella mappa del Duca di Noja viene descritto come ampio e completo di statue, busti e sedili.

Villa Cosenza

Villa Cosenza è una delle ville settecentesche del Miglio d'oro. È situata a San Giorgio a Cremano in via Cavalli di Bronzo, 51. Storia Inizialmente la villa faceva parte del complesso della maggiore villa Vannucchi e apparteneva all'omonima famiglia. In seguito, verso la fine dell'Ottocento, la dimora fu acquistata dai Cosenza. Architettura Per via dei lavori di ristrutturazione, nel corso dell'Ottocento la struttura della villa è stata molto modificata rispetto al prospetto originario. Non resta, infatti, quasi più nulla del prospetto architettonico settecentesco contenuto nella mappa del Duca di Noja. In base allo schema originario, l'edificio presentava un cortile delimitato da due ali laterali e attraversato al centro da un viale che conduceva alla campagna. Della veste settecentesca si conservano invece attualmente solo alcuni elementi, quali i decori degli ambienti interni; lo spartito ad archi; i pilastri dell'atrio; le verande in ferro e vetro che chiudono gli archi del controprospetto sul cortile. Nonostante le estese ristrutturazioni, ed il distacco dal complesso architettonico principale, l'edificio resta tuttora collegato a villa Vannucchi, in quanto il largo ad esedra posto di fronte alla villa, sul lato opposto della strada, è ricavato dal muro perimetrale della grande dimora settecentesca.

Villa G.A. Galante

Villa G.A. Galante è una delle ville monumentali del Miglio d'oro. È situata a San Giorgio a Cremano in via Enrico Pessina. Storia Costruita nel Settecento, la villa apparteneva originariamente a Michele Lofrano. Fu poi acquistata a metà dell'Ottocento dalla famiglia nobiliare dei Galante e per volere di questi fu sottoposta ad un completo rifacimento. Architettura Nonostante i lavori di restauro però la dimora ha conservato invariati alcuni degli elementi settecenteschi originari come il movimentobarocco del prospetto sul cortile a terrazze e l'ampia scala in piperno con crociere rampanti. Intatta anche la rosta lignea posta sull'arco d'ingresso. Il corpo di fabbrica della villa si sviluppava originariamente attorno a due cortili. A quello di rappresentanza si accedeva attraverso l'ingresso principale che conduceva alla villa vera e propria mediante un ampio androne e un vasto giardino alle spalle. Accanto a questo ingresso principale era collocata una seconda entrata, oggi corrispondente all'accesso alla villa da via Galante, che conduceva ad un cortile rustico utilizzato per lo svolgimento delle attività agricole.

Galante

Villa Galante è una delle dimore vesuviane del Settecento che si trovano lungo il Miglio d'oro di Napoli. È situata a San Giorgio a Cremano in via Bruno Buozzi. Architettura Nonostante sia stata ripetutamente sottoposta a lavori di restauro, la villa conserva ancora gli elementi architettonici originari tipici dello stile settecentesco. Sulla facciata, infatti, si trovano ancora tracce degli stucchi barocchi, i balconi sono in ferro battuto e le finestre che danno sulla strada sono incorniciate da volute e cartigli di marca vaccariana. All'interno, nell'atrio, si sviluppa una scala a blocco su archi. Attraverso l'atrio si accede al cortile. L'esedra che chiude il cortile presenta uno spazio tondo vuoto al centro del quale, secondo la testimonianza del Glejeses, originariamente era collocata una statua di San Gennaro benedicente che su una mano recava lo stemma raffigurante due ampolline.

Villa Giarrusso

Storia La "villa di delizie" sorge in quella che anticamente era via Luzzi, una delle strade della cittadina vesuviana in cui le dimore settecentesche si alternavano tra loro senza soluzione di continuità. Il palazzo si sviluppava originariamente su due piani. Architettura Dell'originario prospetto settecentesco della facciata restano solo le finestre, incorniciate da decorazioni in stucco, e le mensole in pietra dei balconi scolpite in forme sinuose. Ai due lati dell'arco del portone principale, sormontato da una rosta lignea, sono collocati due grandi ovuli di evidente matrice barocca. All'interno dell'atrio è collocata la scala a blocco. Il cortile interno, cui si accede dal portone principale, è chiuso da un terrazzo pensile su archi che delimita il perimetro del giardino. Nessuna traccia, invece, resta dei due terrazzi panoramici presenti nel prospetto originario.

Villa Giulia

Storia Le notizie relative alla sua proprietà originaria sono molto frammentarie. Secondo alcuni, come il Gleijeses, inizialmente la villa faceva parte del complesso monumentale di Villa Vannucchi e apparteneva dunque alla medesima famiglia nobiliare. Architettura L'edificio conserva tuttora la pianta ad "L" e l'antica scala settecentesca di pregevole fattura. Ampio il giardino che, come testimonia il Pane, ospitava al centro un pergolato in fondo al quale verso la metà dell'Ottocento fu collocata una statua neoclassica.

Villa Jesu

Villa Jesu, anche detta villa Maria, è una delle ville storiche del Miglio d'oro di Napoli. È situata a San Giorgio a Cremano in via Enrico Pessina, 19. Architettura Nonostante sia stata costruita nel Settecento, l'impianto architettonico di villa Jesu non presenta gli elementi caratteristici tipici del periodo barocco e comuni alle altre ville del Miglio d'oro. L'edificio, infatti, si eleva su un solo piano e presenta al suo interno un cortile privo di tetto che ha le stesse dimensioni dell'androne ed è circondato da terrazzi di copertura. Il disimpegno è costituito da un vano coperto con volta a botte che si trova in fondo al cortile. Attraverso di esso si accede alla scala e al giardino all'interno del quale sono conservati i resti di un'edicola votiva. Si conservano pure una piccola scala decorata secondo la moda del tempo di Ferdinando II, una meridiana posta sulle pareti del cortile e realizzata in ferro battuto e una finestra situata sulla facciata di chiaro gusto rococò.

Villa Leone

Villa Leone è una delle tante ville settecentesche del Miglio d'oro di Napoli. Si trova a San Giorgio a Cremano in via Enrico Pessina. Storia Originariamente il palazzo apparteneva ai Berio e ne costituiva la dimora estiva dal momento che la nobile famiglia partenopea risiedeva a Napoli, in via Toledo. Il casato dei Berio era così prestigioso che alla fine la strada di San Giorgio a Cremano in cui sorgeva la loro “villa di delizie” prese il nome della stessa famiglia nobiliare. Dotato di torretta belvedere, l’edificio è di dimensioni imponenti e infatti occupava un posto particolare, rispetto alle altre ville settecentesche della zona, già nella mappa del Duca di Noja. Verso la metà dell’Ottocento la villa fu venduta dai Berio alla famiglia Macchucca Vargas, principi di Casapesenna. A loro appartiene lo stemma in marmo posto sul portale della villa che reca la scritta “Macchucca assi assi Vargas Macchucca”. Nel 1913 fu poi acquistata dalla famiglia Leone, cui tuttora appartiene. Architettura Nonostante sia stata costruita nel Settecento, la facciata dell’edificio è neoclassica perché fu sottoposta a completo rifacimento nella prima metà dell’Ottocento. La facciata è divisa in due fasce in corrispondenza della separazione tra piano terra e piano nobile. La parte che corrisponde al piano terra è in bugnato e funge da basamento per la parte superiore. La parte che corrisponde invece al piano nobile presenta due ordini diversi di balconi: una prima serie, costituita da balconi panciuti su cui sono poste cornici a timpano triangolare sorrette da capitelli neoclassici e una seconda serie formata da balconi di dimensioni più ridotte. Dal portone d’ingresso si accede al grande atrio con cupola ellittica a destra del quale è possibile ammirare l’imponente voluta della balaustra dello scalone in pietra lavica. Attraverso l’atrio si accede a un porticato cui corrisponde, al piano nobile, una lunga terrazza panoramica sulla quale si affacciano le sale affrescate del salone centrale con doppia esposizione. Gli affreschi interni e i sontuosi camini del salone, di età napoleonica, sono stati salvati grazie a un intervento di restauro nel 1830. Il terrazzo è sorretto da tre archi intervallati da coppie di pilastri in mattoni rossi. A questa separazione architettonica dell’edificio corrisponde la struttura asimmetrica sul fondo del cortile. Qui infatti si trova una terrazza pensile chiusa da una cancellata in ferro battuto che separa la villa dal giardino retrostante. Come accade comunemente per le ville del Miglio d’oro, anche l’asse prospettico di Villa Leone non parte dall’atrio ma dall’altra parte della strada dove due piccoli padiglioni simmetrici indicano il punto di accesso a un boschetto di palme, araucarie e pini.

Villa Lignola

Storia La villa fu costruita probabilmente nel 1742 da Pietro Lignola, nobile di Lettere e presidente eletto del Sacro Regio Consiglio. Architettura L’edificio presenta la struttura a due cortili tipica delle ville nobiliari in cui si svolgevano anche le attività rurali ma a differenza delle altre ville “produttive” che si trovano perlopiù nella parte alta di San Giorgio a Cremano, villa Lignola è ingentilita dalle rifiniture. Il lungo prospetto, lievemente movimentato da paraste, è semplice nei decori rococò che tuttora sopravvivono attorno ad alcuni dei balconi della facciata principale. Il prospetto si presenta lievemente aggettante in corrispondenza del balcone centrale del piano nobile che è inquadrato tra due lesenecollegate alla cornice terminale dell’edificio. I portali sono sormontati da cornici a bugnato in una delle quali si conserva tuttora una rosta lignea decorata. I due ingressi che conducono ai due differenti cortili, quello di rappresentanza e quello rustico, sono posti all’estremità della zona basamentale e racchiudono il corpo principale dell’edificio. Attraverso l’ingresso di sinistra si accede al cortile principale. Qui è collocata una monumentale scala aperta che è stata considerata da molti critici d’arte, tra i quali il Venditti, una delle più pittoresche del barocco napoletano per “lo scenografico gioco di volte rampanti in curva concava poggiate verso l’interno su pilastri continui per tutta l’altezza”.

Villa Marulli

Storia La villa apparteneva al pittore Luca Giordano e a lui fu donata dal fratello Nicola per fornirgli un luogo di vacanza e riposo dalle fatiche artistiche. Architettura L'ingresso della tenuta affaccia sulla piazza del Pittore. Per giungere alla villa vera e propria però bisogna percorrere un lungo viale che attualmente coincide in parte con viale Bernabò. Nell’ultimo tratto di questo viale è ancora possibile intravedere, tra i rampicanti, alcuni elementi decorativi in pietra lavica che all'epoca dovevano adornare il muro di cinta della tenuta. Risalenti al Settecento sono anche le due gigantesche palme poste davanti all’ingresso della villa. La loro grandezza, assieme alla copertura a doppia falda della facciata della villa, crea un singolare effetto scenografico. La villa versa in stato di incuria e abbandono per cui sono poche le strutture originarie del Settecento che ancora si conservano. Lungo le scale, per esempio, restano tracce del grande affresco che raffigurava la Madonna ed alcuni santi e davanti all’ingresso della tenuta, in piazza del Pittore, si conserva la cappella gentilizia dedicata alla Madonna del Carmelo che il Giordano fece costruire in occasione della nomina di suo figlio Lorenzo a giudice della Vicaria. Tuttavia, a causa dei ripetuti interventi di ingrandimento e di restauro, la cappella con il piccolo campanile conserva oggi ben poco dell’originaria struttura barocca. Solo all’interno sopravvivono, ai lati dell’altare, due piccole tele dell’epoca attribuite proprio al Giordano e raffiguranti San Giuseppe e San Francesco di Paola.

Villa Marullier

Storia Originariamente appartenuta a Emilio Marullier, la villa fu poi acquistata nel 1904 dalla famiglia Starita e da questa poi venduta, molto probabilmente, ad Enrico Pessina. Architettura La dimora confina con l’ingresso posteriore di Villa Starita, la dimora principale della famiglia nobiliare il cui ingresso più importante ricade però nel territorio di Portici. Utilizzata già dagli inizi del Novecento come rendita immobiliare e quindi divisa in vari appartamenti da dare in affitto, la dimora conserva ben pochi elementi dell’originario impianto barocco. Tra questi si ricordano il portale principale chiuso da un arco ribassato, in cui si conserva ancora intatta la rosta lignea decorata, le merlature neogotiche e il decoro rococò sulla chiave di volta. Lungo la strada, adiacente all’ingresso della villa, è collocata una piccola cappella gentilizia.

Villa Menale

Architettura La villa fu edificata nel Settecento ma del suo impianto architettonico originario nulla è rimasto in quanto la dimora è stata oggetto nella seconda metà dell'Ottocento di numerosi interventi di restauro e rifacimento. Nulla è rimasto anche del giardino barocco che originariamente si sviluppava sul retro della dimora. Perduta è andata anche la pregevole esedra che originariamente sorgeva nel cortile di rappresentanza secondo la testimonianza del Pane.

Villa Olimpia

Architettura I resti della struttura architettonica barocca della villa sono rinvenibili all'interno dell'attuale edificio che attualmente la contiene e che risale ad epoca ottocentesca. La dimora era costituita da un solo piano posto su quello basamentale. All'interno, il cortile era sormontato da un arioso loggiato che dava sul giardino retrostante. A sinistra dell'ingresso si trova la scala a blocco che originariamente era scoperta. La piccola struttura è movimentata da rampanti e volte lunettate. Sul controprospetto, sul quale sono ancora poste due torrette, in corrispondenza dell'atrio doveva esserci un terrazzo panoramico. Qui è ancora visibile una medaglia in terracotta smaltata bianca che raffigura l'immagine di San Gennaro.

Villa Pignatelli di Montecalvo

Storia L'edificio fu edificato nel 1747, probabilmente ad opera di Ferdinando Sanfelice, per volere della principessa Emanuella Caracciolo Pignatelli, duchessa di Montecalvo. La nobildonna, proveniente dall'antica famiglia dei Caracciolo, che aveva tra gli altri dato i natali al famoso ammiraglio Francesco, era fortemente legata alla città, al punto da donare alla Chiesa di Santa Maria del Principio la statua del Santo Patrono, tuttora presente. Dopo la morte della principessa, avvenuta nella stessa villa, questa fu acquisita da Emiddio Mele, che lasciò traccia di sé facendo dipingere le proprie iniziali nel soffitto dell'atrio. Successivamente, l'edificio fu riacquistato dalla famiglia Pignatelli di Montecalvo, e divisa a fine XIX secolo tra i fratelli Carlo e Paolo Caracciolo. L'imponente mole della villa, che occupa tutto un lato del largo Arso[1], comprende una cappella nobiliare ed un ampio loggiato nella porzione nord-occidentale. Robustamente costruita in tufo, presenta un monumentale portale in pietra lavica con bugne a punta di diamante. Proprio quest'ultimo carattere, in cui gli storici dell'arte hanno visto una similarità con il Palazzo Serra di Cassano di Napoli, è stato il fattore più importante di attribuzione dell'opera al Sanfelice. Ricerche recenti, tuttavia, sembrano smentire quanto sopra, attribuendo invece la villa all'oscuro architetto Girolamo Molino. La villa, tuttora abitata, è attualmente in stato di forte degrado, tanto che ad esempio l'antico oratorio è stato trasformato in box auto. La facciata presenta solo tracce dell'antico decoro in stucco, e la gran parte degli elementi caratterizzanti, compreso lo stemma nobiliare in marmo della famiglia Pignatelli, sono andati perduti. In diversi punti del frontone sono riconoscibili i fori delle iniezioni di consolidamento effettuate a seguito dei danni riportati nel terremoto del 23 novembre 1980. Si rilevano inoltre sulla stessa diversi abusi edilizi, quali ad esempio la riduzione del lume delle antiche finestre, l'asportazione degli infissi e l'installazione di condizionatori. Lo spiazzo prospiciente la villa è recintato ed invaso da vegetazione ruderale; e sia sul fronte, che sul lato occidentale, sono presenti vecchie impalcature di sostegno, installate all'epoca del sisma suddetto, e mai più rimosse. Nel 2012 la situazione strutturale della villa è fortemente degenerata, tanto da far temere per la sua stabilità. Sono state installate rapidamente nuove e più consistenti impalcature, al fine di consolidare l'edificio in attesa degli opportuni interventi. Architettura La dimora è situata sul lato sinistro del largo Arso. Il prospetto principale della villa è uno dei pochi che si può godere nella sua interezza dal Largo sul quale l’edificio si affaccia e che, su un corto basamento, ospita due ordini di balconi inquadrati tra paraste giganti. Il lungo prospetto inizia con l’edificio centrale e si prolunga sul lato orientale con una grande terrazza panoramica sotto la quale si estendono la cappella ed il blocco basso che comprende le costruzioni della masseria di quattro ettari. Il corpo principale presenta una pianta ad “U” simmetrica rispetto al grande atrio a cupola ellittica dove, nella metopa centrale, sono ancora leggibili le iniziali del secondo proprietario, Emiddio Miele. Al centro del prospetto, sul portale in rilevato riccamente decorato, si sviluppa il monumentale balcone del piano nobile sovrastato da sontuose decorazioni che superano l’altezza della fabbrica in una marcata piega del cornicione che si solleva per ospitare le volute sovrastanti il balcone principale. Questa produzione architettonica produce un riuscito effetto scenografico che trova fondamento nella tendenza barocca a movimentare e alleggerire la staticità delle cortine murarie. L’atrio è costituito da un ampio spazio ottagonale articolato e originale. Nelle pareti secondarie sono ubicati quattro balconi con sottostanti panchine in piperno mentre lungo l’asse minore dalle pareti laterali, incorniciate da due archi, partono due brevi rampe in piperno che richiamano, nella forma leggermente svasata, le colate laviche del Vesuvio. Dal cortile è possibile godere del controprospetto scenografico e articolato lungo il quale salgono due scale simmetriche che raggiungono il terrazzo panoramico del piano nobile. Qui si trovava un ampio salone centrale a pianta ellittica e volta estradossata che sporge leggermente dalla copertura della fabbrica. Sono presenti anche due scale a mezza elica, aggiunte probabilmente in epoca successiva per raggiungere il terrazzo al piano partendo dal centro del secondo rampante laterale. Quanto alla facciata, le cornici leggermente flesse delle finestre e il modo con cui si raccordano agli stucchi, la fanno rientrare a pieno titolo nella maniera decorativa superficiale tipica dello stile rococò. Allo stesso stile appartengono i capitelli pensili che si trovano ancora nel cortile e che conservano alla base il cartiglio di stucco tipico del rococò. Curiosità Villa Pignatelli di Montecalvo è stata spesso utilizzata come set cinematografico. Nel 1992 nelle sue sale furono girate alcune scene del film di Lina Vertmüller con Paolo Villaggio "Io speriamo che me la cavo". Nel 2011 la villa è stata utilizzata come location anche dal regista Matteo Garrone per le riprese del suo film Reality. La villa è famosa anche perché qui abitava una delle prime vittime dell'ondata di colera del 1973 a Napoli, la piccola Francesca Noviello di soli 18 mesi. Dopo la diffusione della notizia del contagio, tutta la famiglia Noviello venne messa al bando da San Giorgio a Cremano e anche il parroco per timore del contagio celebrò i funerali della piccola con una mascherina sul viso.

Villa Pizzicato

Architettura La struttura è attualmente molto malridotta ed è quasi nascosta dagli imponenti edifici moderni che la circondano. Conserva però alcune tracce dell'originario impianto settecentesco come due antichi pozzi in piperno ed una parte della struttura dell'esedra che portava al giardino in cui oggi sorgono diversi edifici multipiano. Altre rifiniture barocche sopravvissute ai ripetuti rifacimenti della villa sono alcuni decori in stucco nel cortile e nella terrazza panoramica sul mare in cui sono stati conservati l’angolo modanato e la balaustra in piperno.

Villa Righi

Storia La villa apparteneva originariamente alla famiglia nobiliare dei De Martinis. Poi, dopo diversi passaggi, la proprietà passò a Maria Durante che nel 1931 sposò Evaristo Righi e dal cognome di questi la villa ha preso il nome che tuttora conserva nonostante il succedersi, anche dopo Righi, di numerosi proprietari. Architettura L’edificio versa attualmente in condizioni molto precarie ma conserva quasi intatto l’elemento che lo rende quasi un unicum nel panorama delle ville settecentesche del Miglio d’oro. Villa Righi, infatti, è l’unica dimora della zona a possedere un atrio decorato con affreschi di stile pompeiano. Nessuna delle altre ville della zona possiede decorazioni simili. Gli affreschi però non sono l’unico elemento di stile “pompeiano” caratteristico della villa in quanto tutto l’atrio originariamente era arredato in stile romano, con statue di cartapesta poste in nicchie e sedili di stucco che, come afferma il Pane, imitavano le “sellae” romane ed erano perciò collocate in due file lungo le pareti laterali. Di questi sedili si stucco oggi se ne conserva soltanto uno. Altro elemento caratteristico della villa è la presenza di due aquile imperiali ai lati del cancello del cortile attraverso il quale si accedeva al giardino.

Villa Salvetella

Storia Fu edificata nella prima metà del Settecento dai baroni di Ripa e da questi fu poi venduta nel 1764 al barone della Salvetella, da cui poi la villa ha ereditato il nome. Architettura La facciata, che spicca per la sua imponenza soprattutto rispetto all'esigua larghezza della strada nel punto in cui sorge la villa, è suddivisa in due spartiti: piano terra e piano nobile. Al piano nobile i grandi balconi hanno cornici neoclassiche aggettanti che richiamano quelle della Reggia di Caserta. Sotto lo spesso cornicione, le bucature dei sottotetti sono state certamente ampliate con gli anni. Il prospetto è rifinito con stucchi a finto mattone rosso e presenta ancora oggi pregevoli capitelli ionici a cornice delle leseneche scandiscono la facciata in stile neoclassico. Il portone porta in chiave uno stemma nobiliare che raffigura una mano alata. La struttura a terrazze dell’edificio è in linea con le altre ville barocche del Settecento (atrio, esedra, giardino) mentre la pianta asimmetrica, che spicca per grandezza sulla Mappa del duca di Noja, si differenzia nettamente dalle altre case rustiche presenti nella zona. Di notevole effetto, infatti, sono gli affreschi barocchi ancora visibili sotto la volta a botte dell’atrio e la scala a blocco, posta a sinistra dell’ingresso e a cui si accede direttamente dal cortile. Del manufatto iniziale della scala però sopravvive solo il primo rampante. Sul fondale del cortile, in ricordo della primitiva sistemazione prospettica, rimane ben poco del portale che chiudeva l’esedra mediante la quale si accedeva al giardino. Due pilastri, una volta incorniciati da vasi in cotto, incorniciano adesso i gradini ed il cancello di ingresso al giardino. Particolarmente rovinata è la cancellata artistica, pregevole manufatto artigianale ad arabeschi realizzato con l’antica tecnica della chiodatura. Accanto al cortile principale si trova il secondo ingresso che conduce alla corte rustica in cui si svolgevano le attività agricole legate alla vita della masseria che, secondo la testimonianza del Palomba, era di un certo rilievo.

Villa Sinicopri

Storia Come attesta una lapide presente nella villa, la dimora ha ospitato per molti anni il noto avvocato penalista napoletano Enrico Pessina. Architettura Il prospetto stradale dell’edificio è molto semplice anche se di chiaro stampo settecentesco. La facciata è quasi del tutto priva di rifiniture. Al centro vi è il portale sovrastato da un cartiglio barocco la cui sagoma si curva per collegarsi alla soglia del balcone sovrastante. La villa presenta una pianta rettangolare. Due terrazze, poi trasformate in verande, racchiudono il cortile di rappresentanza. L'atrio è volta ribassata e conduce direttamente nel cortile dove sono tuttora conservati due antichi pozzi e la cancellata adorna di statue mediante la quale si accede al giardino. Il lato della villa che affaccia su via Pittore si sviluppa su due piani e presenta testaterastremate sulle quali sorgono due terrazzi panoramici di cui uno guarda al Vesuvio e l’altro in direzione del mare. La villa presenta pure un ingresso secondario al quale però non si accede da via Pittore ma dal lato di alveo San Michele, la strada cioè che nella Mappa del Duca di Noja è denominata “via che porta ai Catini”.

Villa Tanucci

Storia La dimora apparteneva al marchese Bernardo Tanucci al quale fu portata in dote dalla moglie. Il marchese Tanucci, uomo erudito di origini toscane, fu molto influente presso la corte di re Carlo III di Borbone ed ebbe un ruolo chiave nel governo di re Ferdinando IV. Per questo Tanucci scelse di abitare durante la villeggiatura proprio a San Giorgio a Cremano. La città, infatti, confina con quella in cui sorgeva invece la residenza estiva del sovrano, Portici. Architettura Nonostante l’importanza del proprietario, la villa di delizie del marchese si caratterizza per un’estrema semplicità di forme e strutture. Lo annota anche il Gleijeses che mette in luce come la semplicità di villa Tanucci sia un segno dell’onestà del potente marchese il quale, peraltro, se avesse voluto avrebbe potuto adornare la sua dimora con molti dei reperti degli scavi di Ercolano di cui si occupava personalmente. Invece così non fu e la villa, recentemente restaurata, presenta una facciata semplice con pochi decori. L’atrio conduce a un cortile chiuso da una semplice esedra e conserva ancora, sotto la volta a botte del soffitto, pregevoli affreschi dell’epoca. Sulla facciata principale è collocata una lapide che reca il nome dell’ultimo illustre proprietario della villa, Antenore Bozzoni, valente ingegnere navale, il cui nome è legato alla progettazione delle prime corazzate italiane e all'utilizzo delle lampade elettriche sulle navi da guerra.

Villa Tufarelli

Storia La villa è tuttora la residenza del proprietario, il conte Fabrizio Tufarelli. E’ in ottimo stato di conservazione in quanto, rispetto alle altre dimore del Settecento poi diventate abitazioni private, essa non ha subito alcun tipo di frazionamento. La villa è situata nella parte alta di San Giorgio a Cremano e come tutte le altre ville presenti in questa zona, e cioè lontano dalla costa, è immersa in un paesaggio campestre tra terre adibite alla coltivazione e gode però della vista del Vesuvio. Architettura L’impianto attuale della villa è il risultato delle modifiche apportate successivamente dai Tufarelli a una piccola casa con torricella edificata originariamente dalla famiglia Bolino nel Cinquecento. Ecco perché sulla Mappa del Duca di Noja la villa è denominata “li Bolini”. La piccola casa rustica fu poi ampliata successivamente dagli stessi Bolino cui si deve, tra l’altro, la costruzione della cappella destinata alla Madonna del Carmine tuttora conservata con il portoncino adiacente al portone principale della villa. La dimora si presenta come un casale rustico fortificato e chiuso da mura irrobustite da contrafforti. Il prospetto è costituito da vari corpi affiancati tra loro liberamente in virtù delle varie modifiche apportare in epoche diverse. Varcando il portale d’ingresso si accede alla grande corte rustica dove si svolgeva l’attività agricola. A sinistra del portone, attraverso un portico, si accede alla scala con balaustra in piperno che conduce alle stanze del piano nobile dove si possono ammirare tutt’oggi le soffittature in tela dipinta. Perfettamente conservata e aperta ai fedeli della zona la piccola cappella della Madonna del Carmine che costituisce la chiesa più antica della cittadina vesuviana dopo quella di San Giorgio Vecchio. All’interno sono conservati stucchi e dipinti dell’epoca. Sull’altare principale c’è una tela del Solimene mentre sui due altari laterali vi sono due tele attribuite allo Spadaro e al Giordano. A terra il pavimento è formato da maioliche decorate con lo stemma della casata. Si conserva anche un coretto di legno collegato con l'abitazione in modo da consentire alla famiglia nobile di entrare in chiesa e seguire la messa senza dover uscire dal palazzo.

Villa Ummarino

Architettura La villa è stata oggetto di ripetute modifiche nell’Ottocento e per questo oggi si presenta molto frazionata, non è possibile dunque rinvenire gli elementi tipici dello stile barocco che originariamente invece dovevano caratterizzarne la facciata. Unico elemento di spicco tuttora conservato nella villa è una serliana ottocentesca posta tra atrio e cortile. Particolari, in quanto richiamano le antiche torri di avvistamento marittimo, le merlature ad archetti che ornano la bassa torre collocata nello spigolo a sud del cortile

Villa Vannucchi

Storia La villa fu voluta da Giacomo d’Aquino di Caramanico (esponente della famiglia D'Aquino e gentiluomo di camera del sovrano del Regno delle Due Sicilie Carlo di Borbone), il quale acquistò nel 1755 alcune proprietà dei discendenti di Giovanni Battista Imparato, della storica famiglia omonima. Tali proprietà consistevano in due complessi edilizi (una casa palaziata e un casino alla romana) e una masseria di quattordici moggi (47.108,04 metri quadrati circa di terreno) con bosco. Alla metà del XIX secolo la villa fu venduta ai Van den Henvel e poi, nel 1912, alla famiglia Vannucchi. L'immobile fu gravemente danneggiato dal sisma del 1980, tanto che fu necessario costruire numerose centine a supporto degli archi di tutta la struttura. Durante questo periodo parte dei giardini venne occupato abusivamente e destinato alla coltivazione di ortaggi per opera di privati. Acquisita al patrimonio del comune di San Giorgio a Cremano, è stata a lungo interessata da estesi lavori di restauro, che sono terminati nel 2006. Tre anni dopo è stato ultimato anche il riassetto del parco, riportato agli antichi splendori grazie ad un rifacimento che si è ispirato alla mappa settecentesca. Oltre ad essere teatro di rassegne culturali, la villa è nota al pubblico per essere apparsa nelle scene iniziali del film Ricomincio da tre, dove Lello Arena chiama a squarciagola Massimo Troisi. Architettura La dimora è una delle più imponenti della zona vesuviana, come dimostra il prospetto firmato da Donnamaria che prevede, in alternanza alle lesene corinzie, un doppio ordine di balconi dotati di ringhiere in ferro battuto e timpani curvi posti senza ornamenti davanti alle finestre del piano nobile. Completano il progetto architettonico della dimora la cappella dedicata all'Immacolata, una sagrestia, una sala della musica e una ex scuderia adibita a teatro. Il progetto per la nuova villa fu commissionato ad Antonio Donnamaria, un architetto di scuola vaccariana, che realizzò il prospetto su strada con una ritmata partitura di lesene giganti in stucco. L'interno è caratterizzato da decorazioni in stucco rococò. Il prospetto posteriore, che si apre sul magnifico giardino all'italiana progettato da Pompeo Schiantarelli nel 1783, è costituito da una serie di arcate, logge e porticati. Il giardino all'italiana di Schiantarelli, la cui vastità è pari al bosco di Portici, è caratterizzato, come si legge anche nella pianta Carafa, da un lungo viale che parte da una quinta ad esedra posta in fondo al cortile e giunge ad una fontana monumentale posta al centro e formata da quattro vasche laterali disposte simmetricamente in diagonale. Da qui si dipanano a "raggiera" quattordici viali che tagliano il giardino per esteso fino al limite della proprietà. Nel giardino sono conservati ancora oggi esemplari di alberi di canfora, pini, lecci, palme, magnolie, datteri, cedri, mimose e albicocchi. La villa, denominata pure "Villa e delizie dei d'Aquino detti di Caramanico" divenne un luogo di riferimento per la nobiltà napoletana ai tempi di Gioacchino Murat. Fu in questo periodo, infatti, che la dimora conobbe il suo maggiore splendore grazie alle feste e ai ricevimenti che il principe d'Aquino offriva agli ospiti sotto la direzione della moglie Teresa Lembo. Curiosità Si racconta che quando in villa era ospite Gioacchino Murat questi si portasse dietro un codazzo tanto esteso da rendere affollatissime le feste che i d'Aquino davano in suo onore: "Or quando Gioacchino veniva qua - si legge in documento dell'epoca - è chiaro che non vi poteva venir da solo ma il numero di coloro che s'invitavano ad accompagnarlo era tanto strabocchevole che lo avresti detto un popolo. I gelati e i rinfreschi durante il tempo di quelle veglie si portavano attorno con tanto eccesso che era un grande scialaquiamento

Villa Zampaglione

Storia La villa apparteneva originariamente alla famiglia Riario Sforza. Fu poi offerta in dote da una delle figlie della famiglia Sforza che andò in sposa al barone Lorenzo Zampaglione. Dopo il cambio di proprietà la villa cambiò nome ma continuò ad essere usata per la villeggiatura. Architettura Secondo le testimonianze dell’epoca, originariamente la tenuta doveva essere di dimensioni notevoli, circa 7000 m². La villa non versa attualmente in buone condizioni e la continua caduta di intonaco dal portale principale ha messo a nudo quasi del tutto la struttura in piperno. Elementi originali tuttora visibili sono invece i quattro grandi finestroni che trasformavano il salone al piano nobile in una sorta di “giardino d’inverno”. Secondo il Pane, inoltre, nel giardino, in fondo a un viale, doveva esserci originariamente anche un’edicola votiva con un busto di San Gennaro resa però inaccessibile da un muro divisorio costruito quando la villa è stata oggetto per la prima volta di un frazionamento.

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